Di calcio a Piacenza se ne era già parlato e praticato già dalla fine dell'ottocento, simpatico diversivo infilato fra gli altri sport dominanti fra noi: canottaggio, ciclismo, podismo, ginnastica, tiro a segno, ma in maniera sporadica e improvvisata. Un torneo studentesco nel 1908 fra i vari istituti cittadini, però, richiamò particolare attenzione. Fu vinto dalla rappresentativa del Collegio Morigi.Il calcio lo praticarono, sempre limitato a confronti amichevoli e su rettangoli approssimativi, la Salus et Virtus, lo Sport Pedestre Audace e squadre studentesche.
Nel 1919 esplose però il vero football anche se qualche mese prima richiamò attenzione un movimento di squadrette improvvisate che sferravano calci al pallone ovunque vi fosse uno spiazzo: spianata Farnese, rotonde del Pubblico Passeggio verso la Madonna della Bomba ed all'altezza di Via Santa Franca, nel prato ai piedi delle mura in zona Porta Roma. Soprattutto nel gran prato del Poligono fuori porta Taverna (Piazzale Torino).Niente pali, sostituiti da mucchietti d'abiti e di libri depositati dai giocatori impegnati nel gioco. Emergevano dal grosso due Società composte da giovani, giovanissimi in prevalenza studenti: la Giovine Italia e l'altra che aveva preso la denominazione di Piacenza Football Club.Accesi scontri fra le due, con puntate onorevolissime anche a Fiorenzuola, Stradella, Casteggio e specialmente in quel di Codogno dove si battevano opposte a calciatori della statura degli azzurri De Vecchi ed Ara, militari nel paese. La grande fucina, comunque, era il Poligono, con più sicuro spogliatoio la casa di "papà Antonini" piantata nella zona. Romantico pionierismo praticato da "Gigin" Cella, Armani, Ventura, Mario Sala, Avogadri, Antonini, Guffanti, Boselli, Ziliani, Dosi, Ghelfi, Triscornia, Castaldi nell'estate del 1919 a fianco di militari.Il maggior animatore di tutto questo movimento attorno alla sfera di cuoio era uno studente dell'Istituto tecnico, Giovanni Dosi, diciottenne proclamato presidente da giocatori ed associati, dirigente che non disdegnava di scendere sul terreno a disputare partite. In campo capitano, fuori dal campo presidente.Un bel giorno avvenne la fusione tra il freschissimo Piacenza Football Club e la Giovine Italia. Il destino del club biancorosso veniva segnato. Ovviamente presidente era il futuro geometra Giovanni Dosi. Gli approcci avvennero all'Economico, un bar sotto i portici del Municipio sostituito più tardi dal Grande Italia. Poi tutti alla Latteria Moderna in corsoGaribaldi angolo via Cavalletto dove furono stese le basi del Piacenza Football Club.Qui effettivamente prese corpo e sostanza il sodalizio biancorosso sotto ogni profilo sociale, tecnico, amministrativo con tutte le attenzioni puntate all'inquadramento nella Federazione Italiana Giuoco Calcio, alla partecipazione al campionato federale ed al possesso di un campo da gioco vero e proprio.Nelle salette da "Gnerri" di Via Garibaldi tra accese partite di biliardo a buche e birilli si forgiò il Piacenza Football Club con ovviamente primo presidente lo studente Giovanni Dosi, segretario Emanuele Rossetti più tardi buttatosi a capofitto nello sport remiero alla Vittorino da Feltre, cassiere il rag. Carlo Guffanti.Problemi capitali quali il campo e la partecipazione al campionato vennero subito affrontati da Giovanni Dosi e collaboratori. L'area venne adocchiata in un prato lungo il torrente Rifiuto nella zona dei Molini degli Orti. La si affittò per pochi mesi, solo per il periodo invernale tanto per smaltirvi il campionato di promozione.Poi se ne sarebbe riparlato. Giocatori, soci, dirigenti e appassionati tutti impegnati con badili e zappe a sistemare lo sconnesso prato, riempire buche, portare via sassi, a livellare l'area, tanto da renderla "omologabile". Intanto un'assemblea straordinaria veniva indetta per mettere alla testa della Società uomini di elevato ceto sociale e professionale affiancati dai giovani che per primi avevano generosamente buttato il seme.E così avvenne. L'assemblea tenutasi alla Latteria Gnerri portò alla ribalta il presidente rag. Ettore Baroni. Vennero eletti anche i consiglieri Carlo Travaini, Mario Imbrifferi,Giuseppe Campominosi, Arturo Antonino, Giovanni Dosi, Cesare De Lama, Carlo Guffanti, Carlo Perinetti. Direttore sportivo fu eletto Luigi Antoniazzi, capitano della squadra Mario Giumanini a quel tempo "Resegotti" per via del fratello Nino Resegotti personalità del calcio nazionale. Primo gesto: la cerimonia d'inaugurazione del campo sportivo fuori porta Cavallotti (poi porta Roma) attraverso una partita tra la prima squadra del Piacenza Football Club ed una rappresentativa del 10° artiglieria. l grande avvenimento ebbe luogo il 26 Ottobre 1919, presenti tutte le autorità cittadine.Con il sindaco avv. Carlo Montani madrina la bellissima n.d. Lavinia Dalla Cella, oratore l'avvocato Carlo Travaini. Fu effettivamente un grande avvenimento di sport. I piacentini vinsero per due a uno. Il Piacenza di allora contava sulla preponderante cifra di elementi militari ed ex militari di stanza nella nostra città .La prima squadra allineava soltanto due piacentini autentici: il mediano Luigi Cella e l'attaccante Angelo Boselli. Fra i pali c'era sino a pochi giorni dall'inizio del campionato il sedicenne Carlo Armani, poi spuntò il gigante Egidio Fontana, milanese della Juventus Italia, che gli soffiò il posto e lo tenne per due campionati.
Mario Giumanini, milanese di nascita, divenne poi piacentinissimo d'adozione con moglie e figli tutti piacentini. La sua singolarità era la rovesciata a terra chiamata "bicicletta". A quel tempo era diventata famosa la rovesciata alla "Resegotti". Il campionato batteva alle porte ed il Piacenza Football club si iscrisse al campionato emiliano di promozione. C'era anche la prima divisione che corrispondeva all'attuale Serie A. Per poter accedere a questa categoria era d'obbligo vincere il campionato regionale di promozione. I colori del Piacenza erano maglia rossa a risvolti bianchi, dado bianco a lato sul petto, calzoncini bianchi: i colori della città .
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