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Si trova nella pianura salentina, ma non distante dalla valle d'Itria. La morfologia del territorio è pianeggiante, solo leggermente ondulata al confine con i comuni di Carovigno e Ostuni. Si trova nell'entroterra e l'approdo più vicino alla costa è lido Specchiolla sul mare Adriatico, storica residenza marina dei sanvitesi, inoltre San Vito dista 12 km da Torre Guaceto, riserva naturale del WWF, anch'essa sul versante adriatico. Il mar Ionio si trova invece a circa 40 km. La sua altitudine è intorno ai 100 m s.l.m. precisamente tra 57 metri e 146 metri. Il punto più alto del centro urbano si trova nella contrada Castello d'Alceste, 119 m s.l.m -
Le origini di San Vito sono controverse. Reperti archeologici di una tomba con i resti di trenta sepolture e varie ceramiche datate XVIII - XVII secolo a.C. in località Mondescine, attesterebbero che la zona fosse abitata già durante l'età del bronzo.
In seguito, fu popolato dalle popolazioni illiriche provenienti dall'opposta sponda dell'Adriatico. Quindi tra il XII e l'XI secolo a.C., il territorio fu approdo di popolazioni d'origine cretese e micenea.
Dalla fusione di tali popoli nacque quindi una civiltà del tutto particolare, quella dei Messapi, che costruirono le prime città fortificate, alcune delle quali ancora oggi esistenti, nonché la prima rete stradale, rimasta in linea di massima invariata nelle sue linee generali anche col succedersi dalle civiltà . San Vito si trova nel bel mezzo dell'antico territorio messapico, che fu dominato dalla Dodecopoli e infatti sono stati ritrovati recentemente insediamenti datati VIII - IV secolo a.C. appartenenti ai Messapi nelle contrade Castello e Paretone. Tali reperti dimostrerebbero la presenza di una vera e propria civiltà , passata attraverso due diverse fasi: la prima caratterizzata da primitive costruzioni a capanna, la successiva caratterizzata da costruzioni in blocchi con le coperture di tegole. L'insediamento fu abbandonato probabilmente in seguito a sconfitte belliche.
Successivamente, l'intero Salento, fu conquistato dai Romani nel 267-266 a.C.; Brindisi, divenne colonia latina nel 244 a.C. e poi municipio nell'89 a.C.. crescendo economicamente e strategicamente per la posizione e per la ricchezza dei prodotti agricoli: l'olio, il vino e il frumento. Si sviluppò nella zona anche l'artigianato: nelle fornaci delle vicine Apani e Giancola, venivano realizzate le anfore che contenevano vini e oli e raggiungevano i porti della Grecia, dell'Egitto, della Siria e del Mar Nero.
La battaglia di Lepanto si svolse il 7 ottobre 1571 e vide le forze navali dell'Impero Ottomano scontrarsi con la flotta della cosiddetta "Lega Santa", salpata dal porto di Messina, che riuniva le forze navali della Repubblica di Venezia (150 galee), della Spagna (79 galee), del Papa (12 galee), oltre a contributi minori di Genova e altri Stati italiani e dei Cavalieri di Malta. La battaglia si concluse con una schiacciante vittoria delle forze alleate, frutto anche di una manovra che gli storici non sanno ancora se preventivamente progettata o frutto del caso.
La sconfitta segnò l'inizio del declino della potenza navale ottomana nel mar Mediterraneo. Alla battaglia partecipò anche un manipolo di sanvitesi i quali, rimanendo illesi durante gli sconti con i saraceni, al ritorno in patria vollero attestare il proprio riconoscimento alla Madonna, ritenuta artefice dell'intercessione divina per la salvezza della truppa. Decisero quindi e parteciparono alla costruzione della chiesa Matrice, oggi divenuta basilica, per dedicarla alla Madonna della Vittoria.
L'origine del nome della città dovrebbe essere attribuito al fatto che gli Schiavoni o Slavoni (emigrati dalla Slavonia, regione orientale dell'attuale Croazia), per scampare alle persecuzioni dei Saraceni, cercarono fortuna sull'altra costa dell'Adriatico decidendo di stanziarsi in questi fertili e lussureggianti territori e fondando così col nome "Castri Sancti Viti" la città in onore di San Vito martire il quale, probabilmente, ebbe anch'egli origine slave. Da allora la città venne chiamata semplicemente Santo Vito, San Vito degli Schiavoni o anche San Vito in Terra d'Otranto.
Altri studiosi ritengono invece che la città sia stata fondata dal normanno Boemondo d'Altavilla (1050-1111), figlio di Roberto il Guiscardo, il quale, per assecondare il suo amore per la caccia, ordinò la costruzione della torre quadrata ancora oggi esistente, in un territorio boscoso quale era San Vito.
Il piccolo borgo originario si accrebbe sul finire del Medioevo, quando la torre normanna costituiva garanzia di sicurezza e molti coloni dai casali vicini si trasferirono a San Vito per sottrarsi ai continui attacchi dei Saraceni. Questa relativa tranquillità diede anche l'opportunità ai sanvitesi di sviluppare i traffici commerciali e dominare sul territorio circostante. Fu solo nel 1400 che l'antico casale venne organizzato a Comune, anche se continuò l'organizzazione feudale della società e l'asservimento regio.
Il comune appartenne agli Altavilla, successivamente ai principi Sambiase, poi agli Orsini Del Balzo e quindi ai Dentice di Frasso.
Nel 1450 circa, il principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, volendo difendere meglio la città di Brindisi, realizzò l'interramento del canale che collegava il porto interno a quello esterno. Sorsero però degli effetti collaterali disastrosi: le acque stagnanti causarono la malaria, che diventò la causa principale del declino economico, dell'elevata mortalità , e di una nuova migrazione verso l'entroterra, più salubre. In questo periodo gli insediamenti rurali si svilupparono con fortuna anche nei territori di San Vito. Dal XV secolo in poi, il villaggio cominciò ad ingrandirsi occupando man mano le zone circostanti, estendendosi verso nord e verso est. Nel 1484 fu saccheggiata dai Veneziani.
Nel 1571, alcuni sanvitesi di ritorno dalla Battaglia di Lepanto, in onore della vittoria conquistata, decisero di costruire la chiesa Matrice.
La bandiera della Repubblica Napoletana del 1799Agli inizi del Seicento, la situazione economica della regione si aggrava lentamente: l'attività agricola resta fermamente nelle mani della nobiltà e del clero, non gode quindi delle innovazioni che l'agricoltura conosceva in altre zone d'Europa. Appartenendo alla Terra d'Otranto allora regione del Regno di Napoli, San Vito era asservito alla corona spagnola la quale, in questo periodo, sembra interessarsi di più alle colonie dell'America centro-meridionale ricche di oro e argento, che ai territori nell'area del Mediterraneo. Inizia così un periodo di decadenza geo-politica e economica, ma non culturale; si sviluppa, infatti, in tutto il suo fasto l'arte barocca sia nella musica che nell'architettura.
Dopo una parentesi degli Asburgo, regnanti a Napoli, San Vito passa ai Borboni e successivamente viene incorporato nel Regno delle Due Sicilie. Nel 1799 la popolazione aderì agli ideali della Repubblica Napoletana e nel corso dell'Ottocento la città fu sede di vari circoli aderenti alla carboneria. Nel 1861 rientrò nel Regno d'Italia e nel 1863 San Vito degli Schiavoni cambiò nome e assunse l'attuale denominazione.
Il palazzo del MunicipioDurante il ventennio fascista, San Vito conobbe un notevole sviluppo urbanistico e infrastrutturale: furono eretti molti importanti edifici come la scuola elementare I Circolo, la pineta comunale, la sede del Municipio e il palazzo delle Poste. Nel 1927 fu istituita la provincia di Brindisi, ricavata dalla parte settentrionale dell'allora provincia di Lecce, nella quale rientrò San Vito.
Nel 1943 il re Vittorio Emanuele III, cercando di sfuggire agli eventi di Liberazione che scuotevano l'Italia, ripiegò verso Brindisi con l'intento di fuggire in Grecia con il governo del maresciallo Pietro Badoglio, soggiornando però a San Vito.
Nei primi anni sessanta, l'industria petrolchimica di Brindisi, che si aggiunse alle imprese meccaniche e aeronavali, assorbì molti lavoratori sanvitesi, trasferitesi dalle campagne alla catena di montaggio. In questo periodo venne aperta anche la base aeronautica (San Vito Air Station), in un punto strategicamente nevralgico durante la Guerra Fredda. Fu poi ridimensionata e chiusa con la caduta del muro di Berlino, ma creò opportunità di lavoro per la popolazione locale e accolse migliaia di lavoratori americani.
Durante gli anni settanta, San Vito conobbe un secondo notevole sviluppo urbanistico con la creazione della zona 167 nella parte nord della città . Questo quartiere ospita numerosi condomini popolari, ma anche residence e villette.
Dal 14 aprile 1994, per concessione del Presidente della Repubblica, San Vito dei Normanni si fregia del titolo di Città . Oggi San Vito conosce un processo di terziarizzazione dell'economia e punta sullo sviluppo e la commercializzazione di prodotti locali di qualità e sull'uso delle risorse del territorio per sviluppare il turismo.
Scorcio della piazza antistante il Castello Dentice di FrassoSan Vito presenta al 1 gennaio 2005 (dati ISTAT) 19.807 abitanti, cosi ripartiti: 10.357 femmine e 9.450 maschi. Le famiglie sono 7.207, le convivenze registrate 4 e la media di componenti per famiglia è 2,7 (superiore alla media nazionale che è di 2,5, ma inferiore all'analogo valore della regione che è invece di 2,8).
Il comune, da almeno dieci anni, conosce purtroppo, come molti comuni pugliesi, una lieve diminuzione della popolazione dovuta da una parte alla diminuzione del tasso di nascita al quale si unisce il fatto che molti giovani decidono di perfezionare gli studi universitari in città del centro-nord, soprattutto Milano, Bologna e Roma (dove esistono nutrite comunità di studenti sanvitesi). Una volta laureati costoro difficilmente possono trovare un mercato del lavoro capace di assorbire figure professionali specializzate.
San Vito ha conosciuto un'ampia emigrazione durante il Novecento, prima verso le Americhe, successivamente verso l'Europa settentrionale (soprattutto in Germania) e l'Italia nord-occidentale, oggi invece è diventato una destinazione per immigrati extracomunitari -
Negli anni novanta, appena fuori il centro abitato, precisamente in contrada Castello d'Alceste, sono state ritrovate tracce di costruzioni risalenti all'età del ferro e, successivamente alla terza campagna di scavi, un ampio insediamento messapico presumibilmente risalente al periodo tra il VII e IV secolo a.C. tale sito potrebbe diventare il primo archeodromo d'Italia. Si trova sul punto più alto della città (119 m s.l.m), ricopre una superficie di circa 23 ettari, sulla sommità si trova un primo recinto con pietre a secco ed una recinzione più larga alla base dell'altura. Le strutture rinvenute appartengono a edifici a più vani di forma quadrangolare, con copertura di frasche o di tegole di argilla, a testimonianza dell’evoluzione in due tempi delle popolazioni che abitavano la zona. Gli edifici si affacciavano su strade pavimentate con cocci sminuzzati e convergevano in una grande piazza sulla parte più alta della collinetta. La zona archeologica è stata oggetto di alcune campagne di scavi realizzate dall’Amministrazione Comunale di San Vito dei Normanni, la Soprintendenza Archeologica di Taranto e il Dipartimento di Beni Culturali dell'Università del Salento -
La città è immersa nelle campagna con le sue tinte forti: la terra rossa, il bianco dei muretti a secco, il verde delle distese enormi di alberi di ulivo rotte solo da vigneti e mandorleti e l'azzurro del mare. A pochi chilometri dalla città si trova Torre Guaceto, una Riserva Naturale WWF dello Stato la cui estensione è di circa 1.200 metri quadrati e un fronte marino che si sviluppa per circa 8.000 mt. L’area marina è rappresentata da un rettangolo ideale, con una profondità media di 3.000 metri, attraversata e divisa dalla strada statale 379 Bari-Lecce. La riserva presenta una natura incontaminata, infatti non sono ammessi mezzi a motori: è visitabile solo a piedi o in bicicletta....