..Aaah, saperlo!...piuttosto scopritelo, così mi date qualche indizio......Qualcosa però posso raccontarla. Mia madre Adele è nata a Napoli, è stata insegnante elementare e ne ha insegnate veramente tante e ne insegna ancora. Questo però era il suo hobby, perché come lavoro allevava i suoi figli. Mio padre Raffaele, di Foggia, era impiegato (per carità è ancora vivo, solo che è in pensione e anche un cicinin malato!). È stato ragioniere a vita, quasi come una condanna! Lui, per hobby, realizzava fantastici oggetti in legno lavorando al traforo, almeno fino a quando la vista non lo ha più aiutato tanto. Io sono il penultimo di 5 (Rino, Gabriella, Stefania, io e Valeria)……ve lo immaginate il casino? Quando mia madre andava a scuola di pomeriggio, invariabilmente, rientrando, le si presentava alla vista una scena, scelta a caso, fra quelle dell’inferno dantesco…..credo possa essere quello il motivo per cui ho perso i capelli….tirarli a tua sorella mentre lei li tira a te non penso aiuti la crescita del bulbo pilifero! Un nonno non l’ho conosciuto, l’altro, il napoletano, sapeva fare il verso del cane che neanche uno vero! Quando sento abbaiare un cane oggi penso sempre sia un’imitazione, il verso vero, per me, è quello che faceva mio nonno. Le nonne, una storia a parte: ne ho avute tre! Una, Iolanda, è sempre stata in casa con noi (il nonno, il terzo, non l’ho mai conosciuto). Era la più nonna delle tre e l’unica a non essere veramente nonna. Quando arrivarono i bombardamenti su Napoli, durante la seconda guerra mondiale, mio nonno decise di portare, per loro incolumità , gli ultimi tre dei dieci figli ad una sorella della moglie a Foggia, Iolanda appunto. Foggia, a quei tempi, doveva essere ancor più triste di oggi ma lì, almeno, bombe non ne erano ancora arrivate. Tempo dopo anche Foggia iniziò ad essere bombardata dagli alleati. Il nonno, di buona volontà perché ci voleva più di un giorno per andare da Napoli a Foggia, si recò da Iolanda per riprendere i suoi piccoli. I primi due tornarono, mia mamma, che era la più piccola, non ne volle mai sapere di lasciare Iolanda. Lui poi ci provò ancora, ma senza successo. Così Iolanda fu per mia madre una mamma e per tutti noi una nonna. A me raccontava splendide storie, prendendomi sulle gambe e sbirciando dalla finestra della sua stanza che, affacciando sull’immenso cortile interno di uno smisurato isolato, forniva non pochi spunti per delle storie, semplicemente guardando nelle altre finestre illuminate e piene di vita. Ancora oggi non mi è possibile guardare una scena familiare che si svolge dietro una finestra senza costruire, con la fantasia, mirabili storie su ciò che sta accadendo in quella casa!