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Roberto Calvi

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Roberto Calvi, (13 aprile 1920 - Londra, 17 giugno 1982), è stato un banchiere e finanziere italiano.La sua carriera iniziò nel 1947, quando entrò nel Banco Ambrosiano, banca privata strettamente legata allo IOR, in qualità di semplice impiegato, salvo riuscire, nell'arco di una trentina d'anni, a giungere prima la carica di direttore generale nel 1971 e poi quella di presidente nel 1975, carica quest'ultima tramite la quale riuscì ad avviare una serie di speculazioni finanziarie per lanciare il Banco Ambrosiano nella finanza internazionale. Fondamentali, a questo scopo, le amicizie con membri della loggia massonica segreta P2 (di cui in seguito fece parte) e i rapporti con esponenti del mondo degli affari e della mafia.[citazione necessaria]In poco tempo divenne uno dei finanzieri più aggressivi, intrecciando una fitta rete di società create in paradisi fiscali con lo IOR, la banca vaticana: acquistò la Banca del Gottardo, una banca svizzera; fondò una finanziaria in Lussemburgo, la Banco Ambrosiano Holding; con l'arcivescovo Paul Marcinkus fondò la Cisalpine Overseas, nelle Bahamas; insieme al tecnico informatico Gerard Suisson (che morì a 40 anni in un Club Mediterranée in Corsica), Calvi ideò un meccanismo di compensazione dei conti fra istituzioni bancarie. Gli obblighi internazionali di riserva frazionaria vennero in questo modo applicati solo al saldo dei crediti tra due banche, a quella delle due che ha il saldo positivo (saldo creditore).In seguito Calvi si fece ancora più spregiudicato: costruì società fantasma nei paradisi fiscali per aumentare gli entroiti del Banco Ambrosiano, poi arrivò addirittura a finanziare alcune dittature del Sudamerica.[citazione necessaria] Nel 1968 conobbe Michele Sindona divenendone socio in affari; nel 1975 Sindona gli presentò Licio Gelli e Calvi entrò nella loggia P2.Indice [nascondi] 1 Le crisi del Banco Ambrosiano 2 Tentativo di salvataggio 3 Il giallo della morte 4 Il processo 5 La ricostruzione di Pinotti 5.1 Critiche alla ricostruzione 6 Filmografia 7 Bibliografia 8 Collegamenti esterni[modifica] Le crisi del Banco Ambrosiano La prima crisi del Banco risale al 1977. All'alba del 13 novembre Milano si svegliò tappezzata di cartelloni in cui si denunciavano presunte irregolarità del Banco Ambrosiano. Artefice del gesto era stato Michele Sindona, che voleva vendicarsi di Calvi, cui aveva chiesto senza successo i soldi per "tappare i buchi" delle sue banche.Per alcuni mesi, a partire dal 17 aprile 1978, alcuni ispettori della Banca d'Italia analizzarono la situazione del Banco Ambrosiano e denunciarono molte irregolarità, segnalate al giudice Emilio Alessandrini, il quale venne però ucciso subito dopo da un commando di terroristi di estrema sinistra appartenenti a Prima Linea. Era il 29 gennaio 1979. Il 24 marzo il governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi e il capo dell'Ufficio Vigilanza Mario Sarcinelli, artefici dell'ispezione, vennero accusati dai magistrati Luciano Infelisi e Antonio Alibrandi di alcune irregolarità e posti agli arresti (domiciliari per Baffi), salvo essere completamente prosciolti nel 1983, in seguito all'accertamento dell'assoluta infondatezza delle accuse mosse a loro carico.In seguito il Banco si trovò ad affrontare una prima crisi di liquidità, che risolse ricevendo finanziamenti dalla BNL e dall'ENI per circa 150 milioni di Dollari, mentre una seconda crisi di liquidità nel 1980 fu risolta grazie a un nuovo finanziamento dell'ENI di 50 milioni di Dollari, per ottenere i quali Calvi pagò tangenti a Claudio Martelli e Bettino Craxi.[citazione necessaria] Il "castello di carte" dell'Ambrosiano crollò nel 1981 con la scoperta della loggia P2 che lo proteggeva: Calvi, rimasto senza protezioni ad affrontare lo scandalo, cercò l'intervento del Vaticano e dello IOR,[citazione necessaria] ma poco meno di due mesi dopo, il 21 maggio, venne arrestato per reati valutari, processato e condannato.[modifica] Tentativo di salvataggio In attesa del processo di appello, Calvi fu messo in libertà provvisoria, tornando a presiedere il Banco. Nel tentativo di trovare fondi per il salvataggio dei conti, strinse rapporti con Flavio Carboni, un finanziere sardo legato ad ambienti politici e malavitosi romani come la Banda della Magliana, legami che forse portarono al tentato omicidio di Roberto Rosone.[citazione necessaria] Rosone, direttore generale del Banco, fu vittima di un attentato da parte di Danilo Abbruciati, un boss della banda della Magliana, a causa delle perplessità espresse circa alcuni finanziamenti concessi dal Banco a Carboni senza la presenza delle dovute garanzie.La situazione comunque precipitò e Calvi e Carboni cercarono ancora l'intervento dello IOR, che rifiutò di fornire aiuto di fronte ai numerosi fatti criminosi che via via emergevano.[modifica] Il giallo della morte Il ponte dei Frati Neri a Londra, sotto al quale Roberto Calvi fu ritrovato impiccatoCon l'aiuto di personaggi legati a Carboni, Calvi fuggì a Londra, dove qualche giorno dopo venne trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi in circostanze molto sospette. La magistratura inglese liquidò la morte di Calvi come suicidio, come affermato da una perizia medico-legale, nonostante tutte le evidenze dimostrassero il contrario. Sei mesi dopo, l'Alta Corte annullò la sentenza per vizi formali e sostanziali ed il giudice che l'aveva emessa venne incriminato per irregolarità; il secondo processo britannico lasciò aperta sia la porta del suicidio, sia quella dell'omicidio.Nel 1988 iniziò in Italia una causa civile che stabilì che Roberto Calvi era stato ucciso e impose a un'assicurazione il risarcimento di 3 milioni di dollari alla famiglia.[modifica] Il processo Il processo penale in Italia è iniziato il 5 ottobre 2005 in una speciale aula approntata all'interno del carcere di Rebibbia, a Roma. Imputati sono il boss di Cosa Nostra Pippo Calò e Flavio Carboni, accusati di omicidio, Ernesto Diotallevi, esponente della Banda della Magliana, Silvano Vittor (contrabbandiere di jeans e caffè) e la compagna di Carboni, Manuela Kleinszig. Attualmente il processo è sospeso in attesa di nuove perizie che spieghino com'è morto Calvi.L'accusa fa leva sulle circostanze della morte di Calvi per dimostrare la colpevolezza degli imputati. In particolare una telefonata effettuata dalla camera dove alloggiava il banchiere, i tempi morti nella ricostruzione, etc, sulle difficoltà di accesso per un uomo di 60 anni al luogo in cui era stata legata la corda, e su una serie di perizie sul livello del Tamigi. Dall'altro lato, la sostanziale assenza di prove contro gli imputati e l'assenza di un movente forte potrebbero scagionare Carboni e Calò.La frase "il Banco Ambrosiano non è mio, io sono soltanto il servitore di qualcuno" pronunciata da Roberto Calvi durante il processo per reati valutari ha lasciato molti dubbi sugli eventi. Delle recenti affermazioni della famiglia di Calvi vorrebbero legare quella frase ad alcuni esponenti del Vaticano e la scomparsa di Emanuela Orlandi (la ragazza scomparsa in Vaticano nel 1983 e tuttora al centro di un giallo internazionale) a queste vicende.[modifica] La ricostruzione di Pinotti Il giornalista Ferruccio Pinotti nel libro Poteri forti (BUR, 2005) ha indagato sulla morte di Calvi, dopo avere ripetutamente ascoltato il figlio di Calvi, che per anni ha ricostruito le vicende legate alla carriera e alla misteriosa morte del padre.Pinotti descrive le operazioni finanziarie con le quali Calvi riuscì a rendere il Banco Ambrosiano padrone di sé stesso, così da poterlo gestire in piena autonomia. Operazioni tuttavia che rendono Calvi ricattabile e lo costringono a erogare cospicui finanziamenti a società dipendenti dallo IOR guidato dal vescovo Marcinkus.Quando si manifestano difficoltà finanziarie, l'Ambrosiano cerca, senza riuscirvi, di recuperare il denaro prestato all'Istituto vaticano, che presumibilmente usa il denaro ricevuto per aiutare in tutto il mondo e in particolare in Polonia gruppi religiosi e politici vicini alla Santa Sede.Calvi allora proverebbe a rivolgersi ad ambienti religiosi vicini all'Opus Dei, che sarebbero stati disponibili a coprire i debiti dello IOR per ottenere maggior peso in Vaticano. Tentativo senza successo, perché ostacolato da quanti, in Vaticano, temono che il potere dell'Opus Dei possa crescere e per impedirlo sono disposti a lasciare fallire il Banco Ambrosiano.In una lettera del 5 giugno 1982 rilasciata dal figlio diversi anni dopo e pubblicata nel libro di Pinotti, Calvi scrive anche al Papa cercando aiuto: "Santità sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di Sindona...; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti Paesi e associazioni politico-religiose dell'Est e dell'Ovest...; sono stato io in tutto il Centro-Sudamerica che ho coordinato la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l'espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato...".I segreti e gli interessi economici legati alla mancata restituzione da parte dello IOR del denaro ricevuto dal Banco Ambrosiano e connessi alle operazioni finanziarie che lo IOR realizzava per conto di propri clienti italiani desiderosi di esportare valuta aggirando le norme bancarie sarebbero quindi all'origine della decisione di uccidere Roberto Calvi, che, disperato e temendo di finire in carcere, avrebbe potuto rivelare quanto sapeva ai magistrati.[modifica] Critiche alla ricostruzione Questa ricostruzione è stata spesso criticata, in particolare da parte dell'Opus Dei che ha sempre dichiarato di non aver intrattenuto rapporti con Roberto Calvi e il Banco Ambrosiano.Il 19 novembre 1982 l'allora responsabile dell'Opus Dei per l'Italia scrisse a Clara e Carlo Calvi:«Illustri Signori, Nel partecipare con cristiana condoglianza al lutto per le Loro dolorose vicende famigliari e nel riferirmi a quanto, nelle interviste rilasciate al Wall Street Journal, a La Stampa e più recentemente a L’Espresso, Loro hanno dichiarato in merito ai rapporti che il defunto Roberto Calvi avrebbe intrattenuto con l’Opus Dei, ritengo doveroso significare quanto appresso, in ordine all’accertamento della verità dei fatti. Nella mia qualità di Consigliere dell’Opus Dei per l’Italia, desidero, innanzitutto, confermare quanto già più volte comunicato e diffuso da tutta la stampa, che cioè nessuna persona per conto dell’Opus Dei ha mai intrattenuto alcun rapporto o trattativa, né direttamente né indirettamente, né con Roberto Calvi né con lo IOR, in merito a compravendite di azioni dell’Ambrosiano o a qualsiasi altra operazione ( o progetto di operazione) economico-finanziaria di qualsiasi entità o rilevanza. Data questa assoluta estraneità dell’Opus Dei, affinché possa essere fatta piena luce su questo aspetto, appare evidente la necessità di conoscere a quali elementi Loro fanno riferimento nel parlare dell’Opus Dei. Ciò, tra l’altro, al fine di evidenziare chi abbia indebitamente usato il nome dell’Opus Dei o cercato di accreditare false giustificazioni. Chiedo, perciò, alle SS.VV. di volermi, in particolare, fornire indicazioni su persone, fatti, circostanze e precisare ogni altro dato utile al chiarimento dei fatti ai quali Loro accennano nelle citate interviste. Con i migliori saluti, don Mario Lantini»L'Opus Dei dichiara di non aver mai ricevuto risposta a questa richiesta.

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