EgOiStAmOrE
Mi vedo vecchia. Seduta su una sedia, le mani rugose e segnate dal tempo poggiate sulle gambe. Mi immagino vecchia. E sola. Dentro la mia casa impolverata di ricordi. A fissare una parete umida piena di foto in bianco e nero. Seduta su una sedia ad impacchettare ricordi. Uno dopo l’altro. Per ogni ricordo una scatola precisa con tanto di etichetta.
I ricordi sono un lavoro per persone anziane. Ricordare serve a non pensare che ci resta ancora poco. Mi vedo vecchia, intenta a spolverare ricordi di una vita. Il passo successivo sarà scegliere un bel fiocco e regalarli a qualcuno. Qualcuno che possa custodirli al posto mio.
Gli scrittori sono vecchi. Fanno un lavoro da vecchi. Passano il loro tempo a ricordare. E poi a impacchettare ricordi dentro scatole di parole ben confezionate. Gli scrittori sono vecchi dentro. Non vivono nel presente. Costruiscono dimore comode e confortevoli nei recessi del passato. Abitano lì: nei ricordi. È il loro mestiere. Abitano il passato, come gli uccelli che fanno il nido tra le mura del vecchio anfiteatro romano.
Ma com’è che funziona? Quale bisogno disperato si nasconde dentro il mestiere dei ricordi?
Succede che una mattina ti svegli e guardandoti allo specchio scopri di avere negli occhi una luce diversa: la consapevolezza di chi sa che un giorno dovrà morire. Ti scopri il viso tirato e le ossa logore. Scopri che hai nella testa parole lucide e nel petto un cuore stanco. Ti scopri a vivere come un cane randagio, con l’orecchio morsicato e l’anima accartocciata e messa da parte fra le pagine di un quaderno che porti sempre con te, nella tasca del giubbotto. Cominci ad osservare il mondo con l’avidità di chi sa che nulla si può tenere per sempre. E nello stesso modo cerchi d’imparare ad amare: senza giurare mai. Perché infondo non esiste un giuramento cui si possa tener fede. Dire ti amo costa un immenso sacrificio. Significa cedere una parte di se stessi. Cedere. Non prestare. L’amore non è un prestito a lunga scadenza, e quella parte di te che sconsideratamente regali non l’avrai più indietro. Ma cosa accade quando il tuo cuore non ha più pezzi di ricambio?
Ti vedi vecchia e ti metti a scrivere. Per fermare quei ricordi che ti hanno condotta a sederti su quella sedia.
(Bene. Fermati qui. Non muovere un passo. Ti regalo la possibilità di varcare la soglia. Sei libero di non accettare. Ma se accetti sappi che c’è un prezzo da pagare. Non sei qui per giudicare. Sei qui perché io ti lascio questa libertà . Non mi serve molto per ricacciarti da dove sei venuto. Sei qui per ascoltarmi, non per parlare. Non mi serve il tuo aiuto per spolverare i miei ricordi, né tanto meno la tua compagnia. Ma ti lascio lo stesso superare la soglia. Mettiti comodo. Siediti pure.
No! Quella è la mia sedia. Qui sei come in chiesa: ci sono limiti che non puoi superare. Quello è il mio altare. È il mio palcoscenico, mettila come preferisci.
E ora fai silenzio.)
Se ti dicessi che ho venticinque anni, cosa penseresti? È faticoso credere alle cose che dico leggendo il numero battuto a macchina sulla linea tratteggiata della carta d’identità . Ma ricorda: non sei qui per giudicare. E ricorda anche questo: io scrivo, faccio un mestiere da vecchi.