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About Me

22enne, Salentino, cresciuto nella Lequile Farm degli anni '90. luogo di massima appartenenza: Piazza Beethoveen, meglio conosciuta come "la Paranoia". nella vita sono un sociologo, che ama osservare il mondo e capirne i legami,le cause e gli effetti. mi pace capire. sempre affascinato da ciò che non conosco. forse proprio da questo spirito mai sazio, nasce il mio amore per tutto ciò che rappresenta motivo di felicità per l'uomo. anche se nell'epoca in cui viviamo è praticamente impossibile defiire la felicità, ne siamo sempre alla ricerca. viviamo per scoprire. ultimo, se tale scoperta viene impedita da qualsiasi agente di dominio, oppressione, o semplice impossibilità, è nostro dovere resistere,ribellarsi e combattere. ___________________________________________________________ LETTERA AI FIGLI___Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l’importante è la rivoluzione, e che ognuno di noi, da solo, non vale nulla. Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo. E’ la qualità più bella di un rivoluzionario.____Ernesto Guevara

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Gli studenti di scuola e università protestano democraticamente contro la riforma della Gelmini e la legge 133(Tremonti). E Berlusconi minaccia rappresaglie fisiche: «Dico chiaro un avviso ai naviganti: non permetteremo l'occupazione delle scuole e dell'università. Oggi convocherò il ministro dell'Interno Maroni per studiare con lui gli interventi delle forze dell'ordine». È questa la politica preferita del governo di destra, che non sembra conoscere le regole democratiche, anche con l’opposizione, che o dice come vuole il premier o non ci deve essere. VOGLIAMO CAMBIARE L'UNIVERSITà, INCENTIVIARE LA RICERCA ABBATTENDO UN SISTEMA CHE ARRICCHISCE DOCENTI STRUTTURATI (BARONI) E COLLABORATORI ESTERNI MA FA SALTARE LEZIONI,ESAMI E LA PAZIENZA DI CHI è FUORI SEDE INUTILMENTE(CON IL DISPENDIO DI RISORSE CHE CIò COMPORTA); INTANTO IL PRESIDENTE "SILVIO O'CURTU" SI VESTE DA AITANTE CONDOTTIETO E MANDA LA POLIZIA NEGLI ATENEI !!! NOI LI ASPETIAMO, SE CI SARà BISOGNO CI DIFENDEREMO, MA DOPO I TAGLI CHE HAN SUBITO PURE LORO POTREBBERO PER COSCIENZA ALLEARSI CON NOI _______________________________________________ QUANTO ODIO IL MIO PAESE SE PENSO CHE NE FANNO PARTE PERSONE DEL GENERE DI COSSIGA(EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA)ECCO I SUOI "CONSIGLI" ALLA POLIZIA NEI CONFRONTI DELLE CONTESTAZIONI STUDENTESCHE_ "Prima una vittima, poi mano dura": Francesco Cossiga aveva iniziato consigliando l'uso di infiltrati nei cortei ed evocando le maniere forti da parte delle forza dell'ordine. Oggi Francesco Cossiga torna a dispensare suggerimenti, non richiesti, al capo della polizia Antonio Manganelli. E sono di nuovo parole destinate ad alimentare polemiche. "Serve una vittima e poi si potranno usare le maniere forti", dice. Considerazioni tutt'altro che condivise dal presidente della Camera, Gianfranco Fini: "Ci sono minoranze rumorose che poi ricorrono alle cinghie. Sono molto rumorose ma rimangono molto minoranze". Intanto il suo collega di partito e sindaco di Roma, Gianni Alemanno, critica il ministro dell'Istruzione: "La Gelmini si è mossa male".Cossiga: "Per il consenso serve la paura". Il ragionamento dell'ex presidente è affidato a una lettera aperta: "Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti". Per Cossiga, che pensa alle tensioni che hanno segnato le manifestazioni degli studenti di questi giorni, è stato "un grave errore strategico" reagire con "cariche d'alleggerimento, usando anche gli sfollagente e ferendo qualche manifestante".La "tattica cossighiana". In pratica si tratta di disporre "che al minimo cenno di violenze di questo tipo, le forze di polizia si ritirino". A questo punto, continua Cossiga, "l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita"."La gente deve odiare i manifestanti". Una situazione che farebbe crescere fra la gente "la paura dei manifestanti e con la paura l'odio verso di essi e i loro mandanti o chi da qualche loft, o da qualche redazione, ad esempio quella de L'Unità, li sorregge". Tra i danneggiamenti invocati, Cossiga si augura che possano accadere alla sede dell'arcivecovo di Milano o a qualche sede della Caritas o di Pax Christi.I tempi dell'intervento. "Io aspetterei ancora un po' - continua Cossiga - e solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti". ________________________________________Mi piacerebbe onoscere chi è Fiero di aver votato questa "Destra"_______________ ECCO L'ULTIMA DAL MICROCEFALO NEO PRESIDENTE DELLA CAMERA(ultim'ora ansa): Fini sull'assassinio di Verona "Più gravi i fatti di Torino"Gli scontri e le contestazioni della sinistra radicale contro la Fiera del Libro di Torino "sono molto più gravi" di quanto accaduto a Verona. Lo sostiene Gianfranco Fini, a Porta a porta. L'aggressione dei naziskin veronesi e la violenza dei centri sociali torinesi - afferma il Presidente della Camera- "sono due fenomeni che non possono essere paragonati". A giudizio di Fini, in sostanza, se dietro l'aggressione di Verona non c'è alcun "riferimento ideologico", a Torino le frange della sinistra radicale "cercano in qualche modo di giustificare con la politica antisionista", un autentico antisemitismo, veri e propri "pregiudizi di tipo politico-religioso"_____RICORDO CHE QUEST'UOMO é L'ARCHITETTO DEI CRIMINI DELLE FORZE DELL'ORDINE A GENOVA NEL 2001. Un Fascista non cambia mai !! L'Unico Fascista buono è un fascista MORTO!!!______________23 Luglio il Lodo Alfano è legge della Repubblica, coomento di Silvio o'Curtu : "Il presidente del Consiglio - ha commentato Berlusconi - a seguito della persecuzione a cui è stato sottoposto in questi 14 anni, dal 30 giugno al 15 luglio, avrebbe dovuto andare un giorno sì un giorno no in udienza: quindi non avrebbe potuto governare, non avrebbe potuto convocare un Consiglio dei ministri". "Mi sembra - ha proseguito - che in una democrazia, quando si verificano cose come quelle che si sono verificate in Italia con una parte della magistratura che si è data come compito quella di sovvertire il voto degli italiani, mi sembra che il lodo Alfano sia il minimo da fare per tutelare la libertà propria".fatte le nostre riverenze a questi patrioti li invitiamo a fare la cosa migliore per l'Italia :FUORI DAL PARLAMENTO !__________________ NON SI DIALOGA CON QUESTA DESTRA !!! QUESTA DESTRA NON DIALOGA: RISCRIVE LA STORIA E LE OPINIONI________________EZIO MAURO : REPUBBLICA DOPO LE DICHIARAZIONI DELL'AIMè MINISTRO La RUSSA SULL'8 SETTEMBRE E I MILITANTI DI SALò____________NON c'è proprio nulla di "vecchio" o di "nostalgico", come si sono affrettati a dire in molti, nella polemica sulla doppia sortita sul fascismo e su Salò di due uomini di prima fila della destra italiana al governo, il sindaco di Roma e il ministro della Difesa: né francamente è interessante sapere se è per fascismo istintivo, naturale, antico, che nascono queste bestemmie istituzionali, o per la nuovissima incultura repubblicana, europea, occidentale che domina il berlusconismo indisturbato e regnante.Al contrario, quelle frasi parlano di noi e di oggi, di ciò che siamo come Paese e come classe dirigente, come cultura nazionale e come pubblica opinione. Di questo vale la pena discutere, dunque, non delle piccole beghe tra Storace ed Alemanno che secondo alcuni sono l'unico movente e la spiegazione pacifica e rassicurante di una rivendicazione congiunta fatta davanti ai simboli della Repubblica, e non a caso da due "uomini nuovi" (se così si può dire) proiettati in competizione sul dopo-Fini, nel grembo berlusconiano che tutto concede e nulla vieta.Stanno perfettamente insieme, nel rozzo bisogno di riaggiustare l'identità della destra dopo 14 anni, l'esaltazione dell'eroismo cieco e patriottico (dunque ingenuo e storicamente "innocente") di Salò con la riduzione del fascismo ad esperimento di modernizzazione autoritaria, travolto solo da un "esito" incongruo e tragico dovuto all'errore dell'innesto nibelungico col nazismo, le leggi razziali e la guerra. Si chiarisce l'aspetto tattico della svolta di Fiuggi, per la fretta dell'arruolamento belusconiano e la necessità conseguente di un cambio rapido di parole d'ordine e di riferimenti politici: una svolta appunto politicista, nient'affatto culturale, e tanto meno morale e storica, come confermano gli esiti odierni.E' facile, sotto il mantello, i numeri e la leadership altrui, diventare ministri e presidenti delle Camere. Più difficile diventare democratici convinti: e addirittura convincenti.Nell'immaturità della svolta, due elementi appaiono soprattutto fragili, e tra loro collegati. L'orrore e la vergogna delle leggi razziali, insieme con la necessità di un accreditamento internazionale, hanno portato Fini e tutta la classe dirigente di An a periodizzare la loro presa di distanza dal fascismo dal 1938. Tutto ciò che è avvenuto in questo senso è naturalmente doveroso e positivo, a partire dal primo incontro tra Fini e Amos Luzzatto, presidente della comunità ebraica italiana, che "Repubblica" ospitò nel 2003 su richiesta dello stesso Luzzatto, perché il leader di An non poteva andare in Israele senza prima aver fatto i conti con gli ebrei italiani. E tuttavia questo forte passo in avanti (nell'assunzione di una responsabilità storica, e nel discostarsene, condannandola) ha un limite se resta isolato. Perché se non c'è una condanna del fascismo come regime ("antiparlamentare, antiliberale e antidemocratico" come disse Mussolini nel '25) si disconosce la sua stessa "natura", la sua opposizione al principio di uguaglianza attraverso l'elitismo da un lato e il razzismo dall'altro, e dunque si può separare - come appunto fa Alemanno - l'esito tragico del Ventennio dalla tragedia quotidiana che nasceva dalla sua stessa essenza liberticida, dal suo "odio per la democrazia", da quella che Turati chiamò l'"anticiviltà".Non solo: concentrando il "male" del fascismo nel '38, la condanna di quel male si risolve in un atto di contrizione personale a Yad Vascem, come se l'orrore supremo dell'Olocausto assorbisse in sé tutti gli altri scempi della democrazia compiuti dal regime, ogni altro gesto di riparazione, ogni legittima aspettativa degli italiani che avevano subito torti, abusi, violazioni della libertà. A partire dall'assassinio di Matteotti, per il quale nessun post-fascista ha sentito il bisogno nell'anniversario, ottant'anni dopo, di esprimere una condanna dal palazzo del governo, dopo che dal palazzo del governo Mussolini aveva impartito l'ordine di ammazzare un deputato d'opposizione.Questo limite ha tre ragioni evidenti. La prima è la mancanza di un'autonoma necessità democratica degli uomini di An a chiudere per sempre la storia del loro passato, assumendo non solo la democrazia come contesto imprescindibile della vicenda odierna, ma i costruttori della democrazia - a partire dalla Resistenza - come Padri di una Repubblica condivisa e accettata nei suoi valori e nei suoi caratteri fondanti, tradotti nella Costituzione. La seconda è il limite naturale del berlusconismo - una specie di autismo politico - che concepisce la sua grandezza nell'edificazione di sé e non nella costruzione di una moderna cultura conservatrice democratica e occidentale che il Paese non ha mai conosciuto, doroteo o fascista com'è sempre stato a destra. La terza è lo strabismo congenito degli intellettuali liberali e dei loro giornali, che non hanno mai incalzato la destra per spingerla a liberarsi dei suoi vizi storici e dei suoi ritardi culturali, risparmiando con avarizia ideologica evidente quel pedagogismo che per decenni hanno opportunamente dispiegato nei confronti dei ritardi e delle colpe del comunismo: e che esercitano ancora - naturalmente a senso unico - anche oggi che il comunismo è per fortuna morto ed è nata una sinistra di governo riformista.Anzi, dovremmo dire che proprio le indulgenze della cultura italiana e del suo establishment compiacente, la permeabilità azionaria (salvo naturalmente la golden share berlusconiana) del Pdl dove contano solo fedeltà e rapporti di forza, non scommesse culturali e coraggio politico, la nuova predisposizione italiana verso il politicamente scorretto e il "non conforme", rendono possibile ciò che sta accadendo: non nel pensiero politico, che con ogni evidenza non c'è, ma nella prassi di governo della destra. E' come se il contesto italiano di oggi autorizzasse un passo indietro rispetto ai timidi passi avanti di più di un decennio fa.Oggi, in questa Italia, è evidentemente possibile onorare Salò e rimpiangerla. Oggi è possibile rivalutare il fascismo, poi incespicare in una correzione travagliata costruita con due "non" ("comprendere la complessità storica del fenomeno totalitario in Italia non significa non condannare...) per la difficoltà di dire con nettezza qualcosa di chiaro, di risolto, di comprensibile. Dire, soprattutto, cos'è oggi questa destra, in cosa credono i suoi uomini.Bobbio aveva avvertito su questo possibile esito dello sforzo decennale del revisionismo per affermare un rifiuto dell'antifascismo in nome dell'anticomunismo: una nuova forma "aberrante" di equidistanza tra fascismo e antifascismo. E' ciò che stiamo sperimentando in questo inizio di stagione, nella distrazione italiana del dopo-ferie, in un Paese in cui il senso comune - con i suoi pregiudizi - si è sostituito alla pubblica opinione (con la sua consapevole capacità di giudizio), la sinistra è prigioniera della sua subalternità culturale prima che politica, manca un principio di reazione perché non è in campo un pensiero alternativo al pensiero dominante: mentre si allarga ogni giorno, per conseguenza naturale, quella che i vecchi sudditi sovietici chiamavano la capacità di "digestione" della società.Ma lo stesso Bobbio avvertiva che alla base della repubblica (e probabilmente della sua tenuta nel lungo dopoguerra) c'era un sentimento civile condiviso: un'"idea comune della democrazia". E' ciò che oggi manca ed è la dominante della fase che stiamo vivendo. Proverei a dare questa definizione: in Italia oggi si contrappongono due diverse idee della democrazia. Non c'è bisogno di giudizi roboanti o di etichette improprie. È sufficiente guardare la realtà.Da un lato c'è un'idea repubblicana, nazionale ed europea che potremmo definire di democrazia costituzionale, che si riconosce nello Stato moderno, nella divisione dei poteri e nel principio secondo cui la sovranità "risiede" nel popolo. Dall'altro lato c'è l'idea di una democrazia che potremmo chiamare demagogica, una sorta di autoritarismo popolare continuamente costituente di un ordine nuovo, quasi una rivoluzione conservatrice che sovverte l'eredità istituzionale mentre la governa: in nome di un populismo che crea se stesso come un potere sovraordinato agli altri, nella prevalenza della decisione rispetto alla regola, anzi nella teorizzazione della nuova libertà post-politica che nasce proprio dalla rottura delle regole, perché il nuovo mondo si gerarchizza spontaneamente nella subordinazione volontaria al demiurgo.Ce n'è abbastanza (basta pensare ai richiami impliciti ma evidenti del futurismo, del dannunzianesimo, dell'irrazionalismo, del nazionalismo, della restaurazione rivoluzionaria) perché l'istinto fascista nascosto ma conservato voglia fare la sua parte, si agiti sotto la cenere di una fiamma mai spenta, chieda di partecipare al banchetto costituente di questa "destra realizzata" che cerca una forma compiuta in Italia, una definizione che vada oltre l'orizzonte biografico berlusconiano e il limite biologico del suo titanismo. Così come si capiscono le responsabilità di tutto questo. Si capisce meno, se questa è la partita, cosa faccia chi per definizione sta dall'altra parte del campo. Se questo, tutto questo è destra (qualcuno può ancora avere dubbi?) si può rinunciare ad essere sinistra, col Pd, sia pure sinistra finalmente risolta, e capace di parlare all'intero Paese? Non solo: quell'idea comune della democrazia - che in gran parte coincide con la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri, dunque è di per sé "costituente" dell'identità civile del Paese - non si può declinare e costruire già dall'opposizione, con il rischio di scoprire magari che quel sentimento è già maggioranza nella coscienza dei cittadini?(10 settembre 2008) ____________________________ IL CALCIO ESTERNA I BUONI E CATTIVI COMPORTAMENTI DI OGNI POPOLO,CHI è EROE IN CAMPO SPESSO DELUDE NELLA VITA: GUARDA CASO ANCHE QUI CI SI CONFESSA AMANTI DEL NERO___di CORRADO ZUNINO: _Quel fascino per la camicia nera che cresce nel mondo del calcio_ L'outing di Christian Abbiati, portiere del Milan fascista nel privato e ora anche in pubblico, ha allargato praterie di potenziali rivelazioni nel mondo del calcio italiano, da sempre silenziosamente a destra. Quelle parole rimbalzate in tutta Europa - "del fascismo condivido ideali come la patria, i valori della religione cattolica e la capacità di assicurare l'ordine" - sono sottoscritte, oggi, da una crescente platea di calciatori e dirigenti italiani. La forza delle frasi rivelatrici di un portiere che è abituale frequentatore dei leader di Cuore nero, succursale dell'estremismo nero milanese e luogo di riferimento per gli ultrà dell'Inter, più che nell'indicare il solito revisionismo pret a' porter italiano che vuole un fascismo buono prima del '38 ("rifiuto le leggi razziali, l'alleanza con Hitler e l'ingresso in guerra", ha detto Abbiati) segnala come anche i calciatori, notoriamente pavidi nelle dichiarazioni, oggi comprendono che queste "verità" si possono finalmente dire: il vento del 2008 non le rende più pericolose per le loro carriere.Sono diversi i campioni italiani che indossano numeri sinistri e sventolano effigi del Ventennio per poi giustificarsi: "Non lo sapevo". Il portiere Gianluigi Buffon, figlio di famiglia cattolica e impegnata, è stato sorpreso in quattro atti scabrosi. La maglia con il numero 88 che rimandava al funesto "Heil Hitler" segnalata dalla comunità ebraica romana, poi la canottiera vergata di suo pugno con il "Boia chi molla". Nel 2006, durante le feste al Circo Massimo per la vittoria del mondiale, si schierò - mani larghe su una balaustra - davanti allo striscione "Fieri di essere italiani", croce celtica in basso a destra. E i suoi tifosi, gli Arditi della Juventus, un mese fa a Bratislava gli hanno ritmato "Camerata Buffon" ottenendo dal portiere un naturale saluto. Quattro indizi, a questo punto, somigliano a una prova.E' da annoverare tra i fascisti per caso il Fabio Cannavaro capitano della nazionale che a Madrid sventolò un tricolore con un fascio littorio al centro: "Non sono un nostalgico, ma non sono di sinistra", giura adesso. Nel 1997, però, pubblicizzò in radio le prime colonie estive Evita Peron, campi per adolescenti gestiti dalla destra radicale. Il suo procuratore, Gaetano Fedele, assicura: "Un calciatore può essere strumentalizzato inconsapevolmente".Nella capitale si sta consumando un pericoloso contagio tra la curva della Roma, egemonizzata dalla destra neofascista, e i giovani calciatori romani. Daniele De Rossi, capitan futuro destinato a sostituire Totti, è un simpatizzante di Forza Nuova. E l'altro romanista da nazionale, Alberto Aquilani, colleziona busti del duce - li regala uno zio - mostrando opinioni chiare sugli immigrati in Italia: "Sono solo un problema".Molti portieri la pensano come Abbiati, poi. L'ex Stefano Tacconi fu coordinatore per la Lombardia del Nuovo Msi-Destra nazionale ed è stato condannato per aver usato tesserini contraffatti giratigli dal faccendiere nero Riccardo Sindoca. Matteo Sereni, figlio della destrissima scuola Lazio, oggi che è portiere del Torino continua a dormire con il busto di Mussolini sulla testiera del letto.Il problema è che i calciatori navigano dentro un mare di ipocrisia che consente di tenere "Faccetta nera" nella suoneria del cellulare senza provare sensi di colpa. Questione di maestri. L'ex allenatore della Lazio Papadopulo non si è mai preoccupato delle svastiche in curva "perché in campo non vedo oltre la traversa". Spiega Gianluca Falsini, difensore oggi al Padova: "Giocatori di sinistra ce ne sono pochi e la nostalgia per il Ventennio ti viene per colpa dei politici contemporanei". Già. Nel campionato 2007-2008 in campo sono raddoppiati gli episodi di razzismo: sono stati sei. Mario Balotelli, stella emergente dell'Inter, italiano di origini ghanesi, così racconta l'ultima partita contro la Primavera dell'Ascoli: "Dall'inizio alla fine mi hanno detto: "Non esistono neri italiani". Era lo slogan dei fascisti, volevo uscire dal campo".(1 ottobre 2008)

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