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Erika

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Addentratami per caso - come spesso accade nel tentativo di concordare un argomento per la tesi - nel mondo della musica e della società dei giovani degli anni Settanta, subisco il fascino di una rivista come "Gong", quella che per me è simbolo più che della Milano dell'epoca, della Milano di chi la vuole ricordare così, di chi credeva nella realizzazione di certi ideali; ideali di impegno sociale, diremmo oggi [perchè ormai l'impegno politico è etichettato più come un mestiere, che come un diritto-dovere di tutti]: un impegno che si estendeva cioè a tutti gli ambiti dell'attività umana, e a tutti i più complessi aspetti di ciascuno di questi ambiti.
Ecco quindi che se parli di musica non puoi ridurti a scrivere pure critiche musicali, ma devi anche affrontare il problema dei circuiti musicali "alternativi" ai colossi tradizionali dei vari palazzi dello sport; oppure devi prendere una posizione di fronte alla questione del prezzo alto della musica, organizzando per esempio un boicottaggio ai danni degli esercenti più cari tramite le segnalazioni - e quindi tramite la pubblicità gratuita - di chi vende la musica a prezzi politici.
Il fascino di un decennio dove massimo e totalizzante è stato il tentativo da parte dei giovani di tradurre in realtà i propri ideali, di non essere puri spettatori degli eventi, ma attori in prima persona, di non essere puri critici di ciò che non piace, ma anche agenti e promotori di tentativi di sviluppo. Da qui il titolo "Prendiamo i nostri desideri per realtà perchè crediamo nella realtà dei nostri desideri", citazione tratta da un articolo del 1972 di un'altra grande rivista milanese dell'epoca, "Re Nudo". Per segnalare il disagio di chi si scopre paralizzato davanti all'azione, come davanti alla televisione; e per ricordare allo stesso tempo che starne qui a parlare è ancora cadere nella trappola dell'inattività e che è invece necessario spegnere il televisore, alzarsi dal divano e uscire di casa.





Io, la strada
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