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Panorama di Pizzoni
Sebbene non sia semplice ricostruire una storia di Pizzoni da un punto di vista prettamente storico e nonostante le notizie certe e documentate non risalgano oltre l’anno mille, molti sono gli indizi che ci fanno prefigurare una realtà locale esistente fin dai tempi della colonizzazione greca. Numerose, infatti, sono le sopravvivenze linguistiche magno - greche nel nostro dialetto (es. catuaiu da katàoikòs cioè nei pressi della casa/vicino alla casa; oppure hora da cwra cioè campagna) a cui si sovrappongono, senza soluzione di continuità temporale, influenze latine (es ivi dal verbo latino eo, is, ivi, itum, ire che vuol dire sono andato) che indicano chiaramente come anche la parte di territorio più all’interno, circostante la colonia romana di Hipponion (Vibo), fosse interessata da presenze antropiche in considerazione, soprattutto, della posizione topografica sulla linea di “passaggio” tra il mar Ionio e il mar Tirreno. La sua naturale conformazione geografica, poi, ai piedi dell’altopiano delle Serre avrà certamente fornito l’ideale riparo a tutti coloro che sfuggivano ai pericoli del mare.
Certamente la tesi finora più accreditata e forse più attendibile circa l’origine del nome attuale é che esso sia stato fondato intorno all'anno 1000 da alcuni abitanti di Pizzo Calabro (da cui il nome Pizzoni e forse il famoso simbolo della sirena in pietra) per sfuggire al pericolo rappresentato dai Saraceni provenienti dal mare; tuttavia in alcuni testi storici il luogo era individuato anche con i toponimi di Pizzone, Pixuni, Cerasia e Charydis.
I primi accenni storici documentabili risalgono al 1316 anno in cui in un registro d’epoca si segnala la presenza di una ferriera, confermata in un altro inventario del 1446 fatto redigere dal re di Spagna Alfonso I. Sopravvivenze della stessa si sono riscontrate fino a pochi anni fa, nel toponimo di una via del paese. Similmente in uno scritto del 1601 Pizzoni viene indicato come il luogo dove “per la comodità dell’acqua si fa la carta” e dagli stessi documenti si evince come la stessa produzione fosse un fattore importante per l’economia di tutta la zona.
Nella seconda meta del '400 in piena età feudale, Pizzoni era un agglomerato di case suddiviso in due dal fiume Cerasia. Sulla sponda destra era Motta di Pizzoni, sotto la Baronia di Vallelonga, sul lato sinistro del fiume sorgeva San Basilio, appartenente invece a Soriano Calabro contea della famiglia Caraffa.
Il Casale di San Basilio in realtà era stato fondato molto tempo prima dai monaci Basiliani, i quali costruirono qui un convento con l’abbazia dedicata a Santa Maria.L’ordine di San Basilio ha origini greche e la Calabria fu per loro un rifugio ideale per sfuggire all’invasione araba che imperversava in Sicilia. Con l’estinzione dell’ordine intorno al 1500, alcuni frati domenicani ricostruirono il convento e nel 1547 dedicarono l’abbazia a Santa Maria del Soccorso poi Madonna del Rosario. Quando nel 1648 morì l’ultimo erede della famiglia Caraffa, tutte le sue terre passarono al re di Spagna Filippo IV il quale per rimpinguare le casse reali mise in vendita i vari casali.
Stemma della famiglia Caraffa
Testimonianza di tale vendita si ha nel documento conosciuto con il nome di “Apprezzo dello Stato di Soriano Calabro in Calabria ultra 1650” ossia la stima fiscale dei vari baronati ordinata dallo stesso re, datato al 1650. Da tale documento si evince come Pizzoni sia stato venduto ad una delle più importanti e potenti confraternite del tempo che aveva la propria sede nella contea di Soriano ovvero i frati domenicani, che aveva tutto l’interesse ad acquistare terre limitrofe ed in particolare Pizzoni. Copia del manoscritto si trova presso la biblioteca di San Domenico ed è stato trascritto da uno dei padri domenicani. Purtroppo esso è mancante di alcuni fogli e fra questi quelli della stima su Pizzoni, tuttavia il documento rimane un’importante testimonianza per la descrizione storico - sociale che si da del paese e dei suoi abitanti. Il XVII secolo rappresentò per il Regno di Napoli, dunque anche per la Calabria, un periodo di decadenza sotto ogni punto di vista (ricordiamo brevemente il disastroso terremoto del febbraio 1783). Il malcontento popolare era diffuso e si concretizzò con varie insurrezioni contro gli Spagnoli (una curiosità nel nostro dialetto per indicare l’avere paura tuttora si usa il termine mi spagnu) che culminarono nella famosa rivolta di Masaniello del 1647 (proprio in questo periodo si consolida il fenomeno del brigantaggio) In seguito a vari avvenimenti il Regno di Napoli fu ceduto per breve tempo agli Austriaci ma nel 1784 gli Spagnoli ritornarono al potere prima con Carlo VII di Borbone, subito dopo con il figlio Ferdinando VI che regnò, tranne qualche interruzione, fino al 1825.
Con il periodo della Rivoluzione Francese anche il Regno di Napoli fu coinvolto dagli effetti di cambiamento che la rivoluzione portò con sé. Gli intellettuali napoletani si ribellarono alla monarchia costringendo il re spagnolo a rifugiarsi in Sicilia favorendo così l’ingresso delle truppe francesi. In seguito a tali avvenimenti nel 1799 venne proclamata la Repubblica Partenopea e Pizzoni divenne comune autonomo ed incluso nel cantone di Tropea.
I Francesi abolirono la feudalità e con la legge del 19 gennaio 1807 Pizzoni divenne “luogo autonomo” e venne accomunato al “Governo di Soriano”.
Dall’esilio, però, il re spagnolo aiutato anche dal clero organizzò una rivolta per riprendersi il potere. Nel 1804 Napoleone Bonaparte divenne imperatore dei Francesi e due anni dopo riconquistò il Regno di Napoli e lo cedette al fratello Giuseppe; il re fu costretto di nuovo all’esilio.
Nel 1808 tutto il regno di Napoli passò al cognato di Napoleone Giocchino Murat. Nel 1811 a seguito di un ulteriore ordinamento amministrativo dei francesi, Pizzoni divenne Comune, riconfermato in seguito dai Borboni nel 1816, con annesse due frazioni San Basilio e la disabitata Santa Barbara. Nel 1815, dopo l’uccisione a Pizzo Calabro di Murat, il Regno passò nuovamente e fino al 1860 ai Borboni. Pizzoni, come molti comuni dell’entroterra meridionale, non fu direttamente coinvolto nei numerosi avvenimenti del Risorgimento italiano, gli unici episodi di rilievo furono il danneggiamento di una lapide con su scritto il nome del re spagnolo Ferdinando II visibile su un lato della fontana della “Sirena” e l’arresto di alcuni possidenti sospettati di essere affiliati alla Carboneria e alla Giovane Italia.
Gli eventi succedutesi dopo l’Unità d’Italia sono forse meglio conosciuti perché storia più recente. Agli inizi del secolo scorso il letterato Francesco Filia nel suo libro “Da e per la Calabria” descrive Pizzoni: “Giù, discendendo dall’Appennino serrese che, sempre più degradando, giunge all’ameno colle Ipponiate, ove Monteleone si specchia nel terso e magico golfo di S. Eufemia: a mezza strada, sui ripidi clivi d’una angusta e florida valle, giace, quasi nascosto, Pizzoni, una borgata che di poco oltrepassa i duemila abitanti. Gente mite e laboriosa, intenta per la massima parte al lavoro dei campi…”. Questa stessa gente stremata da due guerre mondiali e dalla condizione di continua precarietà sociale, è costretta ad abbandonare la propria terra e con la forza e la dignità che da sempre contraddistinguono la gente del sud del mondo, cerca di garantirsi un futuro altrove.
Pizzoni, infatti, non è sfuggito al triste fenomeno dell’emigrazione e a partire soprattutto dagli anni cinquanta del secolo scorso decine di pizzonesi si sono allontanati portandosi dietro buona parte di quello che oggi avrebbe potuto essere il nostro passato e non è.
Il disastroso terremoto del 1783 unito a numerosi altri avvenimenti storici nonché a secoli d’incuria, hanno determinato una dispersione notevole del nostro patrimonio storico-artistico. Da alcuni documenti storici sappiamo che prima del sisma del 1783 a Pizzoni erano attive ben sette Chiese amministrate sia da confraternite che da laici:
1 - LA CHIESA MADRE con:
La cappella del SS. Sacramento
La cappella di S. Giovanni
La cappella del Carmine
La cappella di S. Bruno
La cappella dell’Assunta
La cappella di S. Pietro Apostolo
La cappella di S. Giuseppe
La cappella di S. Lucia
La cappella della Santissima Annunziata

Tutte queste cappelle erano presumibilmente decorate e arricchite con quadri e statue appartenenti anche alla famosa scuola napoletana. Di questi se ne conserva uno nella Chiesa Madre datato al XVIII con Cristo che dà le chiavi a Pietro
2 - LA CHIESA DEI SS GIACOMO APOSTO E FRANCESCO DI PAOLA con:
La cappella della Pietà
La cappella di S. Anna
La cappella dell'Immacola Concezione
La cappella di S. Bruno
La cappella di S.Lorenzo
La cappella di S. Pietro Apostolo
La cappella di S. Francesco di Sales

3 - LA CHIESA DEI SAN FRANCESCO D'ASSISI fondata nel 1633
4 - LA CHIESA DEI SANTI FABIANO E SEBASTIANO sui ruderi della quale venne costruita nel 1860 l’attuale Chiesa di San Francesco di Paola in cui è custodita una Croce astile a lamine d'argento, opera quattrocentesca forse proveniente dal Convento di Soriano.
All'interno quattro grandi tele dello stesso periodo e un prezioso parato in seta di fattura cinquecentesca
5 - IL CONVENTO SI SAN BASILIO con l’annessa Chiesa detta del Soccorso; sui ruderi del convento venne costruita un’abitazione privata dall’abate Sacchinelli, la chiesa venne sostituita nel 1847 con ’attuale Chiesa del Rosario
6 - LA CHIESA DI SAN NICOLA DELLA CARTIERA E DI SAN ANDREA di cui rimane traccia nei nomi delle località.
7 - LA CHIESA DELL'EX CONGREGA DEI SETTE DOLORI oggi S. Maria delle Grazie, in cui é conservata una statua della Madonna del napoletano Mancini, secolo XVIII, secondo alcuni, opera del Gaggini 500. Questa Chiesa è, secondo i documenti, l’unica superstite al terremoto e i recenti ritrovamenti al di sotto delle strutture attuali confermano tale dato.
Poco visibile a causa delle nuove e non sempre di buon gusto costruzioni edilizie, appare oggi il nostro centro storico con le case di fango e le tegole in terracotta prodotte nei secoli dalle famiglie pizzonesi, arroccate e nascoste ai piedi dell’altopiano in un agglomerato compatto, sorto certamente a difesa dei pericoli provenienti dalla pianura e dal mare.

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